Pubblicato dall'ISTAT l'Annuario statistico 2011, un ritratto completo e aggiornato del Paese con moltissime chiavi di lettura sui principali fenomeni ambientali, demografici, sociali ed economici.
Nel capitolo 9, dedicato al lavoro, viene offerta una panoramica sulle principali dinamiche del mercato riferite al 2010, con un livello di dettaglio regionale e un confronto sintetico con i quattro anni precedenti.
In base ai risultati della rilevazione sulle forze di lavoro, sono 22.872 mila gli occupati nella media del 2010, in calo di 153 mila unità su base annua (-0,7 per cento). La flessione dell’occupazione ha caratterizzato i primi tre trimestri dell’anno, mentre nell’ultimo trimestre del 2010 si è osservato un incremento di 14 mila unità (+0,1 per cento), il primo dopo sette trimestri di calo consecutivo. Il risultato complessivo sintetizza la riduzione della componente italiana (-336 mila unità), controbilanciata dalla crescita di quella straniera (+183 mila unità).
Più della metà delle persone che hanno perso il lavoro nel 2010 risiede nel Mezzogiorno (-1,4 per cento, pari a 87 mila unità in meno); la contrazione della base occupazionale riguarda anche il Nord (-0,6 per cento, pari a -67 mila unità) e in particolare il Nord-ovest, mentre nel Centro il numero degli occupati è rimasto stabile. La contrazione della base occupazionale interessa esclusivamente la componente maschile, il cui livello è di poco superiore a quello toccato nel 2004. Nel Mezzogiorno, le minori capacità di tenuta accentuano il calo tendenziale dell’occupazione maschile (-2,1 per cento, pari a -86 mila unità) che prosegue ininterrotto dalla metà del 2008.
Nell’occupazione femminile, al rallentamento dei ritmi di discesa nei primi tre trimestri del 2010, ha fatto seguito un recupero tra ottobre e dicembre che ha consentito di mantenere invariata nella media dell’anno il numero delle occupate.
Prosegue inoltre la ricomposizione della forza lavoro occupata a favore delle classi di età più avanzate: tra i più giovani (15-34 anni) si osserva nella media del 2010 una flessione tendenziale significativa, pari al 5,6 per cento (-368 mila unità), dovuta solo in parte alla diminuzione della popolazione in questa fascia di età. Nella classe di età centrale (35-54 anni), dopo la stabilità del 2009, l’occupazione sale dello 0,8 per cento (+107 mila unità), mentre nella classe tra i 55 e i 64 anni si continuano a osservare incrementi di occupazione più significativi (+3,7 per cento, pari a 108 mila unità), dovuti soprattutto alla maggiore permanenza degli individui nella condizione di occupato per via dell’innalzamento dell’età pensionabile.
Al restringimento della base occupazionale corrisponde un nuovo calo del tasso di occupazione: dal 57,5 del 2009 al 56,9 per cento, un risultato ampiamente al di sotto del dato medio dell’Ue (64,2 per cento). L’abbassamento della quota della popolazione occupata interessa sia gli uomini (dal 68,6 al 67,7 per cento) sia le donne (dal 46,4 al 46,1 per cento) ed è diffusa sul territorio nazionale.
Rimangono ampi i divari territoriali, con il tasso di occupazione del Nord oltre venti punti più elevato rispetto a quello dell’area meridionale. Soprattutto per la componente femminile sono molto forti le differenze regionali: si passa dal 62,9 per cento della Provincia autonoma di Bolzano al 25,7 per cento della Campania.
Il tasso di disoccupazione sale all’8,4 per cento dal 7,8 per cento di un anno prima; un livello al di sotto di quello registrato nel 2010 per l’insieme dell’Unione europea (9,6 per cento). Tuttavia, in confronto alla Ue, il valore più basso dell’indicatore si associa a un più elevato tasso di inattività tra i 15 e i 64 anni, pari nel 2010 al 37,8 per cento (in confronto al 29,0 per cento della media Ue).
L’aumento del tasso di disoccupazione riguarda sia le donne (dal 9,3 per cento del 2009 al 9,7 per cento del 2010) sia soprattutto gli uomini (dal 6,8 per cento del 2009 al 7,6 per cento del 2010) ed è più accentuato nelle regioni meridionali, dove si attesta al 13,4 per cento (dal 12,5 per cento di un anno prima).
Aumentano pertanto i divari regionali: la Sicilia presenta un livello dell’indicatore (14,7 per cento) oltre quattro volte più elevato di quello del Trentino Alto Adige (3,5 per cento).
Prosegue inoltre la crescita del tasso di disoccupazione degli stranieri, che passa dall’11,2 per cento del 2009 all’11,6 per cento del 2010. Particolarmente accentuato anche l’incremento del tasso di disoccupazione per i giovani tra i 15 e i 24 anni, che raggiunge nel 2010 il 27,8 per cento (+2,4 punti rispetto al 2009), con valori particolarmente elevati nel Mezzogiorno (38,8 per cento).
Nella media dell’Unione europea l’indicatore si attesta al 20,8 per cento. La crescita della disoccupazione riguarda tutte le classi d’età ed è particolarmente significativo anche nella fascia di età centrale (+8,1 per cento, pari a 63 mila in più tra i 35 e i 54 anni rispetto a un anno prima).
Il tasso di inattività della popolazione tra i 15 e i 64 anni si attesta al 37,8 per cento, due decimi di punto in più rispetto a un anno prima. L’incremento è diffuso sul territorio nazionale e interessa esclusivamente gli uomini. Tuttavia il livello dell’indicatore tra le donne rimane particolarmente elevato (48,9 per cento) specie nel Mezzogiorno, dove poco più di sei donne ogni dieci valore dello 0,5 per cento per l’industria e dello 0,8 per cento per i servizi. All’interno dei servizi, il settore in cui si osserva il livello medio più alto (pari all’1,4 per cento) è quello delle attività professionali, scientifiche e tecniche.
La crescita della popolazione inattiva tra i 15 e i 64 anni prosegue nel 2010 anche in termini reali, con un incremento annuo dello 0,9 per cento (pari a 136 mila unità) più contenuto in confronto a quello del 2009. L’incremento delle non forze di lavoro, dovuto quasi esclusivamente alla popolazione straniera, è diffuso sul territorio nazionale: la crescita della componente maschile (+90 mila unità) è
più ampia nel Mezzogiorno, quella delle donne (+46 mila unità) interessa soprattutto il Centro. L’incremento delle non forze di lavoro riguarda tutte le classi di età ed è trainato dai giovani fino a 34 anni, che assorbono quasi la metà dell’incremento totale degli inattivi (+67 mila unità). L’incremento dei giovani inattivi è diffuso soprattutto nelle regioni settentrionali, mentre la crescita dell’inattività nel Mezzogiorno interessa soprattutto le classi centrali di età.
FONTE: ISTAT
Nota : Per ulteriori dati sull'andamento del mercato del lavoro, è possibile consultare la scheda "Barometro del Lavoro"