Innanzitutto giova precisare che rispetto al significato originario di centri operativi di "emergenza" (vale a dire strutture di supporto e coordinamento operativo istituite e organizzate esclusivamente in piena fase gestionale dell'emeregenza a seguito di eventi catastrofici), si è passati a un'interpretazione più ampia del termine, per cui si è cominciato a dare nomi del genere anche a strutture e a ripartizioni organizzative di una o più amministrazioni locali nelle attività di costruzione del sistema locale di protezione civile e in quelle di pianificazione dell'emergenza da effettuarsi nel tempo ordinario.
L'uso del Centro Operativo deriva in ogni caso dall'esperienza commissariale del Friuli e dell'Irpinia. Per fare il caso dell'Irpinia, in quella gestione emergenziale seguita al terremoto del 23 novembre 1980, il sistema di soccorsi fu organizzato in modo piramidale, con un COC (Centro Operativo Commissariale) da cui dipendevano i COP (Centri Operativi Provinciali) suddivisi a loro volta in COS (Centri Operativi di Settore) i quali coordinavano fino a dieci comuni gravemente danneggiati o da dieci a venti comuni meno danneggiati. Nei diversi centri operavano, ai rispettivi livelli, tutte le amministrazioni coinvolte nei soccorsi che necessitavano naturalmente di essere coordinate sotto un'unica direzione.
Questo modello "misto" di centro operativo (da istituire però esclusivamente "dopo" l'evento a seconda delle esigenze osservate, e quindi necessariamente di carattere temporaneo), fu ripreso nel Regolamento di attuazione della legge 996/70, che venne promulgato pochi mesi dopo il terremoto (DPR 66/81, art. 14: IL PREFETTO SI AVVALE DELLA COLLABORAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DELLE AMMINISTRAZIONI E DEGLI ENTI PUBBLICI PER L'ORGANIZZAZIONE, A LIVELLO PROVINCIALE E, SE NECESSARIO, A LIVELLO COMUNALE O INTERCOMUNALE, DI STRUMENTI DI COORDINAMENTO PROVVISORI, PER IL TEMPO DELL'EMERGENZA, CHE ASSUMONO LA DENOMINAZIONE, RISPETTIVAMENTE,DI CENTRO DI COORDINAMENTO SOCCORSI (CCS) E CENTRO OPERATIVO MISTO (COM).
Si nota però, nell'ambito del tentativo di importazione del modello all'interno dellla norma, una variazione terminologica delle sigle, dovuta certamente ad un errore tecnico di trascrizione, con particolare riferimento al COM, che coincide in pratica con il COS dell'Irpinia (e tra l'altro non può certo definirsi più "misto" degli altri livelli organizzativi conosciuti). Con il susseguirsi delle emergenza in Italia e con l'uso consolidato dei COM di nomina prefettizia, si arriva alla fine degli anni '90, in cui si diffonde la conoscenza e l'utilizzo del noto Metodo Augustus per la pianificazione di emergenza il quale, in analogia con l'organo misto di derivazione irpina (il COS) e il suo gemello previsto dal Decreto 66/81 (il COM), inventa anche il COC (Centro Operativo Comunale), che va inteso come la struttura operativa del comune in cui si organizzano - sia nel tempo ordinario che sotto emergenza - le attviità di protezione civile. Anche in questo caso, il confronto con il COC irpino (più vicino alla odierna DICOMAC) è improponibile. Dall'avvento del Bassanini e della diffusione delle attività organizzative degli enti locali in materia di protezione civile, il COM ha ormai acquisito oggi una pluralità di significati, che sono legati di volta in volta all'uso che se ne intende fare: struttura operativa comunale (per comuni di una certa dimensione) o intercomunale per l'emergenza; sede del Centro Intercomunale organizzato presso la Comunità Montana, sede di una gestione associata di funzioni su convenzione (vd. testo Unico degli EE.LL.) e addirittura ripartizione territoriale preventiva di zone colpite ove organizzare i soccorsi, all'interno di scenari di evento conosciuti, attesi e pianificati a livello nazionale, regionale o provinciale. Più chiara è invece la connotazione del CCS, che fa un chiaro riferimento alla struttura di soccorso che si organizza intorno al Prefetto a livello provinciale, e che ricorda il COP dell'Irpinia. Con l'obsolescenza del DPR 66/81, superato dalla ben più ampia normazione successiva, nessuno dei termini sopra osservati, così come i relativi modelli cui fanno riferimento, può definirsi a rigore di legge come obbligatorio: trattasi ormai esclusivamente di nomi coi quali si indicano alcune modalità di organizzazione delle risorse locali che ciascuna realtà amministrativa può scegliere abbastanza liberamente. A ben vedere, dunque, per districarsi all'interno del bosco di termini e di significati attribuiti nel tempo alle varie strutture, conviene alla fine non dare eccessivo peso all'aspetto nominalistico e guardare invece alla sostanza dei problemi: qualsiasi nome abbiano i centri operativi, l'importante è che ad ogni livello una struttura operativa esista e funzioni, e che in emergenza si possa articolare alla svelta una serie di risposte operative grazie alla presenza sul territorio di centri organizzati preventivamente.
Che cosa sono i COM, COC, CCS
Autore:
Lorenzo Alessandrini
Tipologia Documentale: