“Condivisione ampia plusvalore della SNAI”. Parola della sindaca di Fontecchio dell’area Subequana-Gran Sasso

Sabrina Ciancone non nasconde le difficoltà di interazione fra primi cittadini, ma riconosce alla SNAI l’aver conferito loro un maggior peso contrattuale nei rapporti con i vari livelli istituzionali. Guardare al futuro, per lei, vuol dire collaborare con le realtà vicine.

 
 
Soddisfare le esigenze degli abitanti dei nostri piccoli paesi, per la maggior parte anziani, è relativamente semplice. Uffici postali aperti per ritirare la pensione, poche tasse sui rifiuti, strade pulite, qualche festa patronale.
 
A parlare è Sabrina Ciancone, sindaca da 10 anni di Fontecchio, 357 anime. Piccolo tra i piccoli. E’ uno dei 24 comuni dell’area interna Subequana-Gran Sasso, una delle 5 che in Abruzzo sperimentano la Strategia nazionale aree interne (SNAI). Si va dagli 88 abitanti di Carapelle Calvisio ai 958 di Castelvecchio Subequo. Tutti sono sotto i 1.000 abitanti per un totale 8.871 persone (dati 2017) distribuiti su circa 650 chilometri quadrati.
 
Cosa significa per un comune di dimensioni così piccole, come quello da lei amministrato, contribuire a disegnare la visione di futuro di un’intera area?
Allargare lo sguardo, nello spazio e nel tempo dà un senso all'amministrazione quotidiana. Se il sindaco di un comune di 350 abitanti si concentrasse sull'hic et nunc avrebbe sì vita facile, ma, secondo me, tradirebbe la responsabilità principale del suo impegno. Dopo aver doverosamente soddisfatto le contingenti esigenze degli abitanti attuali, è a nuovi potenziali abitanti che dovremmo rivolgerci. Guardare al futuro significa collaborare con le realtà vicine e così simili a noi e proiettarci verso azioni di sviluppo e ripopolamento. Queste, sono sicura, sono le "missioni" che danno senso al servizio civile che gli amministratori locali dovrebbero rendere.
 
Quali sono gli ostacoli che incontra e ha incontrato in questo percorso?
La nostra area è costituita da 24 comuni.  La maggior parte di noi non si è mai recata in alcuni dei paesi con cui si sta elaborando una strategia condivisa. La distanza di 60 km che corre tra i centri nelle posizioni estreme, tra le nostre montagne, è una grande distanza, ma gli ostacoli non risiedono nell'orografia. Sono stati, e sono, piuttosto la disabitudine a "relativizzarsi", ad essere solo una parte di un processo e non necessariamente il protagonista assoluto. Con le tante responsabilità che i sindaci devono concentrare, forse ci siamo abituati ai monologhi e una rappresentazione corale ci mortifica e spazientisce. Ci sentiamo perciò, ancora e spesso, "imperatori di un metro quadro", scettici e disincantati, sfiduciati sull'efficacia di azioni condotte insieme a tanti altri soggetti. Le nostre assemblee non sono state particolarmente frequentate; la conoscenza e la fiducia nella strategia sono state faticosamente raggiunte con il lavoro ostinato solo di pochi di noi e di un tenace supporto tecnico. Riconoscere una leadership locale è davvero difficile: influiscono differenze di appartenenza politica, concentrazione sulla ineguagliabile bellezza del nostro paese, disincanto su esperienze passate di piani integrati, progetti d'area... che non hanno portato risultati duraturi. 
 
Ci sono stati vantaggi?
I vantaggi ci sono e non di poco conto. Sono quelli di un'analisi più veritiera e profonda dei nostri problemi, il maggiore peso contrattuale che si ha con gli interlocutori istituzionali, sono l'abitudine ad un percorso più faticoso, ma più credibile se condotto in modo solidale.
 
Uno dei pilastri della Strategia è la cooperazione tra sindaci che, pena la non ammissibilità alla SNAI, debbono costruire sistemi intercomunali per poter fornire ai propri cittadini servizi pubblici di qualità. Questo “obbligo” a lavorare insieme nel tempo, può rappresentare un valore aggiunto per l’area interna che conquista, in maniera strutturata e duratura, le condizioni per poter crescere sia socialmente che economicamente. Sulla base delle forme associative preesistenti e la situazione locale ogni comprensorio interpreta il pre-requisito associativo in maniera specifica.
 
Già dal 2010, alcuni dei comuni ricadenti nell'area SNAI avevano intrapreso un percorso verso la cooperazione - interviene su questo punto la sindaca di Fontecchio -   le aree omogenee istituite nella "governance" della ricostruzione post terremoto 2009 hanno creato associazioni intercomunali, poi le convenzioni per la gestione di servizi associati avviate per adempiere agli obblighi di legge. E ’certo che le schizofrenie normative, la revisione sempre in atto dell'assetto degli enti locali, le vicissitudini di province e comunità montane non ci aiuta a definire un equilibrio. Di fatto, con la condivisione di tanti servizi in una pianificazione concordata (oltre Protezione civile e Sistemi Informativi e Tecnologici per assolvere al requisito SNAI), progetti comuni di marketing turistico, gli accordi necessari che anche nell'ambito SNAI si devono raggiungere ci stanno facendo acquisire una nuova cultura collaborativa. Stiamo iniziando ad acquisirla!
 
 Il personale comunale è coinvolto in questo percorso?
Soprattutto i segretari comunali stanno dando un contributo importante al processo, non solo per gli aspetti dell'associazionismo.  
 
La comunità di Fontecchio è abituata alla partecipazione “dal basso”, con il percorso di democrazia deliberativa “Borghi attivi” prima, fino all’adozione dei principi della “Convenzione di Faro sul valore sociale del patrimonio culturale del Consiglio d’Europa” più tardi. L’area, abbiamo sentito, ha alle spalle esperienze di gestione associata di attività. Stanno per partire le attività di SUST (Strategia Unitaria per lo Sviluppo Sostenibile), progetto sulla gestione associata e la programmazione europea che andrà a inserirsi nel perimetro della SNAI.
 
Cosa distingue le precedenti forme di cooperazione dal processo associativo richiesto dalla SNAI?
Il percorso di partecipazione e condivisione ampia, non limitata alle amministrazioni pubbliche, di certo, è il plusvalore della SNAI. il dialogo e il coinvolgimento dei livelli istituzionali che incidono sull'organizzazione dei servizi è un'altra rilevante novità.  
 
Quanto pensa peserà la cooperazione comunale sul futuro dell’area?
Molte delle azioni di lungo periodo che si stanno impostando oggi presuppongono che la tendenza sia verso la necessaria cooperazione, e il processo sembra irreversibile. Ciò non toglie che dei residui di campanilismo, di visione miope, di protagonismo, di egoismo comunitario, a volte, sembrano vanificare tutti i progressi! Al di là delle sensibilità e delle intenzioni, la collaborazione è necessaria per la nostra sussistenza come istituzioni, viste le nostre piante organiche, gli stanziamenti, le responsabilità, le involuzioni economiche. È certo che non possono essere buona volontà, buon senso e senso di solidarietà a regolare i rapporti istituzionali. Una coerenza e una razionalità negli assetti normativi nuovi tra enti locali sarebbe auspicabile finalmente. Per poter lavorare, senza disperdere energie, non solo a disegnare nuove architetture istituzionali, ma a preparare le comunità di cittadini a nuovi rapporti con la prima e più frequente presenza dello Stato.
 
I suoi cittadini sono stati informati, mostrano interesse per il progetto associativo?
I cittadini e gli operatori sono stati coinvolti e informati sin dall'inizio con i focus group, ma considerato che era il 2014... fin quando non c'è qualche riscontro "tangibile" rischiamo di apparire patetici e farneticanti se cerchiamo di spiegare perché, dopo 5 anni, le premesse illustrate ancora non hanno avuto nessuna concretizzazione.
 
Come ipotizzate di superare la storica polarizzazione dell’area?
Riconoscendo le reali differenze, specie nella strutturazione del tessuto economico, diversificando i servizi, sottolineando gli aspetti comuni dei nostri problemi e delle nostre linee di sviluppo. Fisicamente, logicamente una duplice polarizzazione di alcune azioni sarà necessaria. 
 
Quanto ancora state scontando gli eventi sismici del 2009 e come le loro conseguenze sono state rielaborate nella strategia?
Forse l'80% delle nostre energie quotidiane è sistematicamente dedicato alla ricostruzione: luoghi inagibili, tendenze di spopolamento e rarefazione economica acuite e accelerate. La Strategia ha preso atto di tutto ciò e il contributo che, insieme ad altri supporti, può fornire sarà essenziale per la nostra rivitalizzazione.
 
L’idea guida della strategia d’area si fonda sulla ricostruzione dell’economia rurale che ha sempre connotato questi territori. Che ruolo hanno, in questo quadro, le giovani generazioni?
È indubbio che i destinatari di formazione, innovazione, apertura, cooperazione sono i giovani che stanno intraprendendo sul territorio e che potrebbero trovare qui condizioni ottimali. Cooperative di comunità, associazioni, piccole aziende che stanno osando sono segnali incoraggianti in questa direzione.