E’fatta! L’area interna Madonie ha la sua Strategia aprendo così la strada al passo successivo, l’Accordo di programma, che darà il via definitivo agli interventi sul territorio. Il nome scelto per il documento è “Madonie resilienti: laboratorio di futuro”. Quella delle Madonie è stata individuata tra le 5 aree interne siciliane come prototipo per la sperimentazione della Strategia nazionale per le aree interne (SNAI). I 21 comuni che ne fanno parte hanno soddisfatto il prerequisito associativo richiesto dalla SNAI integrando funzioni e servizi attraverso due unioni, quella delle Madonie con 16 comuni e quella di Val di Himera che ne comprende 3. I comuni di Polizzi Generosa e Geraci Siculo non hanno aderito a nessuna delle due, ma si sono convenzionati con l’Unione delle Madonie per la gestione di alcune funzioni e servizi. Il loro obiettivo ultimo è frenare il declino demografico. Due le aree di intervento: diritti di cittadinanza (sanità, istruzione, mobilità e reti digitali) e mercato che si svilupperà in cinque ambiti (tutela del territorio e comunità locali; valorizzazione delle risorse naturali, culturali e turismo; sistemi agroalimentari e sviluppo locale; saper fare e artigianato; risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile). Ma i comuni potranno scegliere facoltativamente anche altri servizi.
Per ricostruire e capire meglio come è stato impostato il processo associativo in atto nell’area siciliana abbiamo rivolto alcune domande a Giuseppe Ferrarello, sindaco di Gangi e referente dell’area.
Nel territorio delle Madonie si è registrato un progressivo invecchiamento della popolazione che pone l’area in cima alla classifica regionale e nazionale delle aree interne. Possiamo dire, sindaco, che un intervento per invertire questa tendenza era improcrastinabile?
Certamente. Ma dobbiamo alla Strategia Nazionale Aree Interne l’opportunità di coniugare, per la prima volta, le politiche ordinarie dei servizi relativi ai diritti di cittadinanza (salute, istruzione, mobilità) alle politiche straordinarie di sviluppo locale. Al centro della Strategia abbiamo messo le Comunità locali e la cura delle persone, investendo molto sui giovani e sullo scambio intergenerazionale dei saperi necessari a migliorare la qualità della vita in un territorio fragile. L’anno scorso ad Assisi, il grande sociologo Baumam faceva riferimento a Papa Francesco e alla cultura del dialogo come parte integrante dell’educazione e dell’istruzione, che richiedono processi a lungo termine. E citava un proverbio cinese che dice: “Dobbiamo pensare all’anno prossimo piantando semi, ai prossimi dieci anni piantando alberi, ai prossimi cento anni educando le persone”.
L’aggettivo “resilienti” riguarda questo aspetto? Perché lo avete scelto?
Sì. Non si può pensare di poter prendersi cura delle fragilità di un territorio da rigenerare senza rafforzare le capacità delle comunità di prendersi cura delle persone. A partire da quelle più fragili: gli anziani e i giovani. Il concetto di resilienza non è solo quello di resistenza proprio della cultura materiale. In questa direzione, la Strategia dell’Area interna ha individuato specifici interventi di innovazione che includono sia aspetti tecnologici (come nel caso della telemedicina per migliorare i servizi domiciliari agli anziani) che organizzativi (come la Rete dei servizi territoriali per le fragilità giovanili). Anche per questa via si può migliorare l’attrattività delle Madonie come “territorio di salute” e si possono creare nuove opportunità di lavoro qualificato per le giovani generazioni di professionisti.
Quale è stato il maggiore ostacolo lungo la strada dell’integrazione intercomunale?
Sulle Madonie avevamo già alle spalle esperienze consolidate di cooperazione di partenariato locale. Ma è stato molto impegnativo raccogliere la sfida della SNAI che richiedeva la capacità di costruire “sistemi intercomunali” in grado di collegare la strategia di sviluppo economico locale con la strategia regionale e nazionale di adeguamento dell’offerta dei servizi di cittadinanza. I comuni con un ridotto numero di abitanti avevano timore di essere fagocitati da quelli più grandi che negli anni scorsi hanno avuto maggiori occasioni di visibilità. E ’il caso di Gangi riconosciuto come “Borgo più bello d’Italia”. Ma abbiamo lavorato seriamente, ispirandoci alla visione di nuovo “federalismo municipale” dei movimenti della transizione, per costruire una “Unione dei Comuni delle Madonie” in cui tutti i municipi hanno la medesima rappresentanza, indipendentemente dal numero dei loro cittadini. La maggioranza dei comuni dell’Area Interna (16 su 21) ha deliberato per questa scelta impegnativa di cooperazione territoriale che costruisce il futuro. Si tratta di una forte innovazione nel contesto istituzionale della nostra Isola, caratterizzato da un forte centralismo della Regione Siciliana, in cui non ci sono Unioni di Comuni così larghe e con competenze così penetranti nell’organizzazione amministrativa di servizi e funzioni.
Come ha reagito inizialmente la popolazione dei diversi municipi alla prospettiva di aggregazione?
Le resistenze iniziali erano legate alla paura di perdere la specifica identità comunale. Ma il lavoro di confronto e di approfondimento, al quale ha dato un significativo contributo il FORMEZ con i suoi esperti, ha consentito di fare emergere un’impostazione di carattere “federativo” che consente a tutti i comuni (soprattutto a quelli più piccoli e a maggior rischio di declino) di poter mantenere e mettere a valore le specifiche identità municipali nel complessivo contesto territoriale delle Madonie. Ha giocato un ruolo importante anche la capacità delle scuole del territorio di mettersi insieme e costruire la Rete Scolastica delle Madonie che collaborerà con l’Unione dei Comuni per affrontare le problematiche del trasporto scolastico e dei servizi, sperimentando percorsi di innovazione nella didattica anche con la realizzazione di laboratori digitali e officine energetiche. D’altra parte, tutti i processi di innovazione provocano resistenze. Se non ci fossero vorrebbe dire che il cambiamento è disegnato solo sulla carta. Tutte le persone di buon senso hanno consapevolezza della necessità di dover fare uno sforzo straordinario per tentare di invertire i trend di invecchiamento e spopolamento delle Madonie. Solo l’impegno delle comunità madonite può salvare il territorio delle Madonie prima che il declino divenga irreversibile.
Ora che la Strategia d’area è stata approvata, quali saranno i primi interventi che devono aspettarsi i cittadini?
Stiamo aspettando la definizione dell’Accordo di Programma Quadro per potere attivare gli interventi previsti nelle schede progettuali che hanno una tempistica differente. Ovviamente, richiedono più tempo gli interventi che riguardano le infrastrutture stradali, che hanno un fortissimo impatto sulla mobilità dell’Area Interna, per i residenti e le attività d’impresa così come per i turisti. Ma la razionalizzazione dei servizi di Trasporto Pubblico Locale potrà avviarsi subito, avendo già raggiunto i necessari accordi con le società di gestione delle autolinee regionali.
Quali sono i risultati prioritari attesi?
La possibilità di lavorare insieme e integrare le competenze amministrative a livello territoriale apre una nuova fase rispetto al passato, quando si contava in maniera pressoché esclusiva sull’intervento risolutore della Regione Siciliana. La possibilità di mettere in comune le reti digitali e gli applicativi software consentirà di fornire servizi più efficienti alle famiglie, alle comunità e alle imprese. Insieme potremo ottimizzare l’organizzazione di eventi turistici e culturali e migliorare l’attrattività delle Madonie a livello nazionale e internazionale. Per primi saranno i ragazzi, le famiglie e gli insegnanti delle nostre scuole a sperimentare un modo nuovo di lavorare nelle reti territoriali di comunità. L’orientamento verso la matematica e le scienze potrà contare su nuove piattaforme digitali e attività laboratoriali integrate, potendo utilizzare strutture di eccellenza come il Parco Astronomico delle Madonie, a Isnello, e il Geopark delle Madonie nell’ambito della Rete Europea dei Geopark.
Fra le funzioni obbligatoriamente da associare avete previsto anche i cosiddetti “acquisti pubblici verdi”…
Certo. Abbiamo consapevolezza di aprire un “laboratorio di futuro” e puntiamo molto sulla “Strategia per le Green Community” introdotta nella legge 221/2015. L’Unione dei Comuni delle Madonie comincerà da subito a lavorare per ridurre i costi e per una nuova cultura ambientale. Abbiamo alle spalle l’esperienza di risparmi rilevanti attraverso gli acquisti collettivi dei servizi di elettricità. Adesso puntiamo a sperimentare un modello innovativo “100 % energie rinnovabili” che prevede non solo una razionalizzazione dei consumi attraverso l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati, ma anche la produzione di energia attraverso piccoli impianti a solare e biomassa. Piuttosto che su specifici settori economici puntiamo sulla diffusione dei risparmi e dei benefici per le imprese di tutti i comparti produttivi. Pensiamo, infatti, di coinvolgere le comunità locali anche in forme innovative di gestione delle reti energetiche, che potranno costituire occasione di investimenti partecipativi e remunerativi, come nelle buone pratiche sperimentate a livello europeo.
Per l’Unione Madonie avete inserito nello statuto la scadenza al 2024, mentre nella maggior parte dei casi il recesso è sempre garantito. Pensa che i comuni che hanno aderito rimarranno anche dopo quella data?
Mentre affermiamo il principio della “porta aperta” scommettiamo sui risultati positivi del percorso di Comunità in Rete. Saranno proprio i risultati a offrire la migliore garanzia di continuità per questa sperimentazione. Noi ce la metteremo tutta. E siamo fiduciosi. Siamo convinti di potere allargare ulteriormente la partecipazione all’Unione dei Comuni delle Madonie.
Guardando indietro rifarebbe le stesse mosse o alla luce dell’esperienza acquisita cambierebbe qualcosa?
Noi abbiamo preso sul serio la sfida di sperimentare una forma “prototipale” di gestione di un territorio finora considerato come “periferico” ed “ultapreriferico” che scommette sulle Comunità locali. Forse avremmo dovuto pensarci prima. Ma non avevamo l’opportunità della Strategia Nazionale delle Aree Interne. E del resto, non dipende solo da noi. Intendo dire da noi territorio. Gli interventi della Regione e dello Stato sono decisivi e non solo rispetto alle risorse finanziarie da attivare. Lo sviluppo, oggi è ancora più chiaro che prima, è una questione di cultura e di ordinamenti.
In conclusione, un suo consiglio alle nuove aree interne per facilitare la gestione associata di funzioni e servizi.
Adottare un approccio di nuovo “federalismo municipale”. Cooperare con determinazione e impegno, tenendo il punto sui “beni comuni”, su quello che unisce veramente il territorio e le comunità locali. Ma è decisivo valorizzare le risorse umane esistenti nelle amministrazioni locali e aprirsi al nuovo con fiducia nel futuro. I territori che amministriamo li abbiamo avuti in prestito dai nostri figli.
L’associazionismo nella Strategia d’Area Madonie spiegato dal sindaco di Gangi
Intervista al referente dell’area pilota siciliana dopo l’approvazione del documento
“Madonie resilienti: laboratorio di futuro”
Progetto di riferimento: