Licenziamenti: i dati neri

Oltre mezzo milione, 640mila, licenziamenti che riguardano sia quelli individuali (per giustificato motivo oggettivo, soggettivo, giusta causa) che quelli collettivi.Nei primi nove mesi del 2012 si sono registrati 640.000 licenziamenti con un aumento dell'11% sullo stesso periodo del 2011. E' quanto emerge dal sistema della comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro secondo il quale nel periodo sono stati attivati 7,9 milioni di contratti a fronte di 7 milioni di rapporti di lavoro cessati

Un anno da dimenticare sul fronte licenziamenti. In soli sei mesi, i primi mesi del passato 2012, i dati ci informano che si è sfiorato il totale raggiunto nell’intero 2008 avvicinandoci, drammaticamente, al raddoppio nel raffronto sullo stesso periodo (gennaio-giugno 2012). La situazione in provincia di Cremona, ad esempio, è nera. I dati di marzo e maggio lo hanno certificato: un boom. Ora, con i dati del mese di giugno, arriva la triste conferma.Quota 1061 lavoratori cremonesi licenziati in sei mesi nel 2012 (in tutto il 2008: 1097). Con un aumento del 22,5% rispetto al periodo gennaio-giugno dell’anno prima. Solo lo scorso mese, oltre 4mila in Lombardia. I dati arrivano dalle liste della Sottocommissione regionale per le politiche del lavoro, sotto la lente della Cgil. Un picco nel nostro territorio si era registrato a maggio: tra legge 223/91 (i licenziati da aziende che occupano più di 15 dipendenti) e legge 236/93 (i licenziati da aziende fino a 15 dipendenti) 226 persone senza più lavoro in un mese, + 223% su maggio 2011 (a marzo 263, +177%). A giugno arriva il calo: 97. Un timido segnale positivo. Ma è troppo presto per lasciare alle spalle le preoccupazioni.Lo studio del ministero suddivide le cessazioni dei rapporti di lavoro tra quelle a richiesta del lavoratore (dimissioni o pensionamento), quelle promosse dal datore di lavoro (cessazione dell'attività',licenziamento, altro). I 640.000 licenziamenti registrati nel periodo riguardano sia quelli individuali (per giustificato motivo oggettivo, soggettivo, giusta causa) che quelli collettivi. Solo nel terzo trimestre 2012 i licenziamenti sono stati 225.868 con un aumento dell'8,7% sullo stesso periodo del 2011. Nei primi 9 mesi del 2012 sono diminuite le dimissioni a 1,1 milioni dai 1,22 milioni del 2011 (-8,7%). Nel terzo trimestre si conferma la tendenza ad assumere con contratti non stabili. Su 2.462.314 rapporti di lavoro attivati nel periodo solo 430.912 risultano a tempo indeterminato (appena il 17,5% del totale). Risultano invece a tempo determinato 1.652.765 rapporti di lavoro attivati (il 67,1% del totale) mentre i contratti di apprendistato sono stati 61.868, i contratti di collaborazione 156.845 e gli ''altri'' 159.924. I contratti di collaborazione sono diminuiti del 22,5% rispetto al terzo trimestre 2011 mentre un calo del 24,3% si registra anche per gli ''altri'' contratti. Diminuiscono del 5,7% i contratti a tempo indeterminato, dell'1,9% quelli a termine e del 13,7% i contratti di apprendistato. Il 2013, secondo più di un osservatore, segnerà nuovi massimi sul fronte dell’impatto occupazionale della recessione in corso. I presupposti, oltre ai due casi citati, si possono rintracciare nel primo consuntivo sul 2012 di Veneto Lavoro. Consuntivo dal quale emerge che sono state circa 1.500 le imprese che hanno annunciato l’avvio di una procedura di crisi, in aumento del 41% rispetto al 2011. Analogamente i lavoratori coinvolti sono lievitati da poco meno di 21mila (2011) a quasi 35mila. Allo stesso tempo il numero complessivo dei licenziamenti con successivo inserimento in lista di mobilità è salito del 4,7%: da 34.460 licenziamenti si è passati a più di 36mila. Il dato, però, che più impressiona è forse quello dei lavoratori già presenti nelle liste di mobilità. A fine dicembre 2012 si parla di qualcosa come 61.500 lavoratori senza più un posto a fronte dei 59.773 addetti di fine 2011. La dinamica dei licenziamenti, spiegano da Veneto Lavoro, «cristallizza due andamenti molto diversi». Da un lato vi è stato un forte incremento (+11%) dei licenziamenti individuali «che attesta la condizione di difficoltà nelle piccole imprese», dall’altro i licenziamenti collettivi sono significativamente diminuiti passando dai 21.338 del 2011 ai 18.856. Il problema, dal punto di vista sociale, è che i licenziamenti attivati dalle piccole imprese «dà diritto ai benefici fiscali a favore delle aziende in caso di assunzione, anche se per il 2013 questo non è stato confermato, ma non consente ai lavoratori l’accesso all’indennità di mobilità». Più di 42mila persone, oltre ad aver perso il posto, si sono ritrovate senza alcun sostegno al reddito. Tornando all’ammontare complessivo dei licenziamenti, risulta evidente che dal confronto con la situazione ante crisi (circa 25mila addetti in mobilità a fine 2007) i posti bruciati sono più che raddoppiati. La provincia di Treviso è la più colpita: 7.800 nuovi licenziamenti (dato relativo agli inserimenti in mobilità approvati dalle Commissioni provinciali del lavoro) a fronte dei 7.200 di Padova, 6.400 di Venezia e mille di Belluno
La Cassa Integrazione: l'andamento nel nord Italia
L’andamento della cassa integrazione, per altro, non fa altro che definire un orizzonte ancora più grigio. L’aumento complessivo, registrato nel 2012, è di oltre il 18% rispetto al 2011 (102,9 milioni di ore autorizzate contro 87 milioni). La crescita della cassa integrazione ordinaria (+40%) e di quella in deroga (+31,5%) ha più che compensato la flessione della Cig straordinaria (-4,7%). A livello provinciale, Belluno ha avuto, nell’arco del 2012, 2,13 milioni di ore di Cig ordinaria autorizzate, 1,28 milioni di ore di straordinaria e 1,22 milioni di ore di cassa in deroga. A Padova sono state 3,5 milioni le ore di ordinaria, 7,66 milioni quelle di straordinaria e 8,13 milioni di ore di cassa in deroga. Per Treviso, nell’ordine, 6,2 milioni5,9 milioni e 9 milioni; Venezia 4,8 milioni, 8 milioni e 5,68 milioni. Va detto che non tutte le ore autorizzate si traducono automaticamente in ore utilizzate. Anzi, concludono da Veneto Sviluppo, nell’arco della crisi il tasso di utilizzo si è abbassato. E questo la dice lunga sulla fiducia nel futuro: si fa scorta di ore «per cautelarsi rispetto a delle aspettative che sono negative».