Il mercato del lavoro nel Rapporto ISTAT 2010

E’ un mercato del lavoro caratterizzato dall’onda lunga della crisi, pur in presenza di qualche segnale di ripresa, quello che emerge dal Rapporto annuale ISTAT sulla situazione del Paese nel 2010.

E’ un mercato del lavoro caratterizzato dall’onda lunga della crisi, pur in presenza di qualche segnale di ripresa, quello che emerge dal Rapporto annuale ISTAT sulla situazione del Paese nel 2010, presentato al Parlamento il 23 maggio dal presidente dell’istituto Enrico Giovannini.

 

Dal III° capitolo del Rapporto, dedicato all'analisi del Mercato del Lavoro, emerge un impatto marcato della crisi sull’occupazione: nel biennio 2009- 2010 gli occupati sono scesi di 532 mila unità, dei quali più della metà residente nel Mezzogiorno.

Durante la fase di recupero dell’attività produttiva dei primi mesi del 2011, a un aumento del prodotto interno lordo dell’1,3 per cento è corrisposta nel 2010 una riduzione dell’occupazione, in termini di unità di lavoro a tempo pieno dello 0,7%, dopo la caduta del 2,9 per cento nel 2009.

 

 

Nella fase recessiva la riduzione dell’occupazione è stata contenuta grazie a un ricorso senza precedenti alla Cassa integrazione guadagni (Cig). Nella prima parte del 2010 l’utilizzo della Cig ha iniziato a diminuire, pur con un andamento incerto, sino a raggiungere un’incidenza del 3% sulle ore lavorate a fine anno. Nonostante il ricorso allla Cig abbia inciso positivamente sulla tenuta occupazionale, è stata la perdita di manodopera industriale (-404 mila unità tra 2008 e 2010) a contribuire per i tre quarti alla caduta occupazionale totale. Il fenomeno ha assunto dimensioni di estrema gravità nel Mezzogiorno, con un ritmo di discesa doppio (-13,8 per cento) rispetto a quello del Centro-Nord (-6,9 per cento).

 

Il Mezzogiorno vive con maggiore intensità rispetto al nord anche l’effetto “onda lunga” della Cassa Integrazione: si registra il maggior numero di persone in Cig a distanza di un anno e il minor numero di rientri sul posto di lavoro (33,6 % a fronte del 64,2% nel Nord), con un flusso più ampio di uscite verso la disoccupazione (7,9 per cento) e, soprattutto, verso l’inattività (24 per cento).

 

L’incremento della disoccupazione ha riguardato tutte le classi d’età e le aree territoriali. I giovani (18-29 anni) sono stati i più colpiti dalla recessione, con una perdita di 482 mila unità nel biennio 2009-2010. Il tasso di occupazione specifico, già sceso tra il 2004 e il 2008 dal 49,7 al 47,7 per cento, è diminuito negli ultimi due anni di circa sei punti percentuali. Nel 2010 era occupato circa un giovane su due nel Nord e meno di tre su dieci nel Mezzogiorno.

 

Risulta in crescita anche l’area dell’inattività, ovvero le potenziali forze lavoro che non cercano lavoro attivamente. Lo scoraggiamento e l’attesa degli esiti di passate azioni di ricerca sono stati i motivi fondamentali della mancata ricerca attiva del lavoro, portando a oltre due milioni il numero di persone che fanno parte di questa “zona grigia”, la cui ampiezza è ormai simile a quella dei disoccupati.

 

Nel 2010 aumenta il numero dei cosiddetti “Neet”, i giovani tra 15 e 29 anni fuori dal circuito formativo e lavorativo. Si tratta di 2,1 milioni di unità, 134 mila in più dell’anno precedente, pari al 22,1 % della popolazione di questa età, una quota nettamente superiore a quella tipica degli altri paesi europei. Un terzo dei Neet è disoccupato, un terzo è non disponibile a lavorare e un terzo fa parte della “zona grigia”: quindi, la grande maggioranza di questi giovani (con una punta dell’80 % tra i maschi del Mezzogiorno) mostra un interesse alla partecipazione al mercato del lavoro, perché disoccupati o inattivi disponibili a lavorare.

 

Per approfondimenti:

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