Il rapporto di pubblico impiego è stato caratterizzato nel corso degli anni da un processo di riconduzione dei rapporti di lavoro sotto la disciplina del diritto privato. Con il decreto legislativo n. 29 del 1993 si è realizzata, difatti, la prima fase del processo di privatizzazione del pubblico impiego, sulla base dell'art. 2, comma 1, della legge delega n. 421 del 1992.
La cosiddetta seconda privatizzazione è avvenuta, invece, a seguito della legge delega n. 59 del 1997 (art. 11, comma 4), con i decreti legislativi n.396/1997, e nn. 80 e 387 del 1998.
Ciò ha generato effetti anche sulle norme relative alle modalità di accesso al lavoro pubblico, in seno alle quali si è attuata una vera e propria “deregulation”. In particolare, con l'art. 36 del D. Lgs 29/1993, così come integrato e modificato dal D. Lgs. 80/1998, alle Amministrazioni è stata data la facoltà di superare gli schemi procedurali rigidi delD.P.R. 487/1994 (“Regolamento recante norme sull’accesso agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi”) e del successivo D.P.R. 693/1996 adottando procedure più snelle volte a garantire la selettività, la trasparenza e l'imparzialità delle selezioni.
Tutta la disciplina in materia è stata poi trasposta nel D. Lgs. 165/2001, il Testo Unico sul Pubblico Impiego, nel quale sono confluite tutte le normative che, in maniera frastagliata, riguardavano l'accesso al lavoro nella P.A. con l’eliminazione conseguente di ogni riferimento al D.P.R. 487/1994.
Da ultimo, il D. Lgs. 150/2009 (recante “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n.15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”) ha introdotto una profonda riforma della disciplina del lavoro pubblico, all’insegna di alcuni fondamentali principi quali quelli di trasparenza, incremento dell’efficienza, premialità e selettività.
La normativa fondamentale vigente in tema di concorsi pubblici risulta pertanto attualmente rappresentata:
- dall’art. art. 97 della Costituzione che sancisce l'obbligo di accedere agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni mediante concorso, salvo casi stabiliti dalla legge;
- dall’art. 35 del D. Lgs 165/2001 e sue successive modifiche, che prevede, tra l’altro, la pubblicità, la trasparenza, l’oggettività dei meccanismi di selezione, il decentramento quali principi essenziali delle procedure di reclutamento nelle Amministrazioni Pubbliche, compresi gli Enti Locali;
- dagli artt. 28, 28 bis (quest’ultimo inserito dall’art.47 del d.lgs. n. 150 del 2009) del Testo Unico sul Pubblico Impiego, riguardanti la nuova disciplina per l’accesso alla qualifica di Dirigente di seconda e di prima fascia nelle Amministrazioni Pubbliche;
- dall’art. 37 del D. Lgs. 165/2001 che prevede la necessità dell'accertamento delle conoscenze informatiche e delle lingue straniere nei concorsi.
E’ importante sottolineare come il comma 5 bis del suddetto art. 35 stabilisca l’obbligo per i vincitori di concorso di permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni mentre il successivo comma 5 ter, introdotto dall'articolo 3, comma 87 della Legge n. 244 del 2007 e modificato nel secondo periodo dall’art. 51 del D. Lgs n. 150 del 2009, fissi in 3 anni la vigenza delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche, facendo salvi i periodi inferiori previsti da leggi regionali. Lo stesso comma, inoltre, prevede attualmente la possibilità di territorializzare le procedure concorsuali stabilendo la possibilità da parte del bando di prevedere uno specifico riferimento al luogo di residenza dei concorrenti quando tale requisito sia strumentale all’assolvimento dei servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato (segue)...