Soltanto l’1,5% delle aziende ritiene che nel corso del prossimo anno il mercato del lavoro diverrà meno competitivo. Ciò significa che, nella ricerca di nuovo personale, le aziende diventano sempre più selettive e investono in strategie multicanale (proprio come nel marketing) per individuare il candidato “giusto” nel minor tempo possibile fra la moltitudine di competenze e profili loro offerti. Allo stesso tempo, le aziende devono essere visibili e “attraenti” (proprio come nel marketing) per intercettare e assicurarsi i candidati migliori.
Secondo uno studio del sito di selezione del personale Jobvite, condotto su 1.600 professionisti delle risorse umane (negli Stati Uniti, ma il trend è probabilmente applicabile in termini generali), il 94% delle aziende utilizza, o intende utilizzare nell’immediato futuro, i social media come canale di ricerca e selezione dei candidati e il 78% ha già assunto nuovo personale individuato sui canali social.
I social media sono oggi il luogo dove l’employer branding incontra il personal branding, cioè dove aziende e candidati si cercano e incontrano valutando le rispettive caratteristiche attraverso una molteplicità di informazioni veicolate sulle diverse piattaforme. Le aziende ritengono che l’uso dei canali social abbia migliorato 4 aspetti determinanti del processo di ricerca e selezione dei talenti: il tempo impiegato per assumere nuove risorse (migliorato del 33% rispetto ai canali tradizionali), la qualità dei candidati (migliorata del 49%), la quantità dei candidati (43%) e la qualità e quantità delle referenze fornite dai precedenti datori lavoro.
Lo strumento più utilizzato dalle aziende è LinkedIn, cui ricorre il 94% dei selezionatori, seguito da Facebook (65%), Twitter (55%), il blog aziendale (20%) Google+ (18%) e YouTube (15%). È interessante notare, sottolinea lo studio, che le risorse umane hanno mutuato dal marketing modelli di multicanalità attraverso cui personalizzano il messaggio a seconda della piattaforma che utilizzano, e che ogni canale viene utilizzato per uno scopo specifico.
Per esempio, LinkedIn è utilizzato per cercare, classificare e contattare candidati e per pubblicare gli annunci di lavoro; su Facebook e su Twitter le aziende pubblicano annunci, controllano i profili dei candidati prima e dopo i colloqui, generano referenze e, soprattutto, fanno employer branding, postando contenuti o informazioni sul tipo di business, l’organizzazione, le attività di responsabilità sociale che possano renderle appetibili per i migliori candidati.
Le diverse piattaforme social sono utilizzate anche per valutare i diversi aspetti del profilo di un candidato: su LinkedIn si raccolgono informazioni sull’esperienza professionale, sulla durata media degli impieghi precedenti, sulle competenze e qualifiche specifiche. Gli altri social media sono utilizzati per validare e ampliare la conoscenza del candidato: per esempio, vi si verifica il suo profilo culturale (soprattutto dando un’occhiata al diario di Facebook), la presenza o assenza di post relativi al settore di lavoro in questione, la corrispondenza dei dati di esperienza professionale con quelli riportati su LinkedIn.
Anche se la ricerca non avviene attraverso i social media, il 93% delle aziende dichiara di controllare comunque i profili social dei candidati individuati: il 42% dichiara addirittura di avere riconsiderato un candidato (in positivo o in negativo) dopo averne visto i post o tweet, cioè dopo avere fatto una valutazione complessiva del suo personal brand sul web. Il tipo di contenuti che impattano positivamente o negativamente sul selezionatore aziendale dipende in parte da cultura, mentalità ed etica professionale del paese di riferimento: negli Stati Uniti, per esempio, risultano essere apprezzati i candidati che sui social postano contenuti relativi ad attività di volontariato o di beneficienza, politica e religione. Fanno invece pessima impressione riferimenti all’uso di droghe o di armi, contenuti di natura sessuale, errori grammaticali e di sintassi, foto di consumo di alcol.
A prescindere dagli specifici parametri di valutazione italiani, le conclusioni che si possono trarre dallo studio Jobvite sono sostanzialmente due: la prima è che occorre costruire sul web un brand personale coerente, nel quale cioè i contenuti e le informazioni distribuiti sui diversi social media corrispondano e non confliggano; la seconda è che ogni singolo post, tweet, foto o link contribuisce a costruire il brand personale di ciascuno e che probabilmente sarà visto e valutato da un eventuale, futuro datore di lavoro.
Il tema del personal branding sarà affrontato anche durante BTC, la fiera degli eventi, nel seminario del digital strategist Tommaso Sorchiotti dal titolo Personal branding: gestire la propria immagine online per migliorare le opportunità di carriera e di business. Il seminario si terrà il 13 novembre.