Più fiducia e coesione anche per il mercato del lavoro

di Francesco Verbaro

Making markets work for jobs”, far funzionare i mercati per il lavoro. Così l’ILO ha scelto di intitolare il Rapporto mondiale sul mondo del lavoro 2011, introducendo, tra l’altro, l’indicatore “agitazione sociale” che rileva il livello di malcontento diffuso a causa della disoccupazione e della percezione di una distribuzione iniqua del peso della crisi.

L’aumento della disoccupazione coinvolge due terzi delle economie avanzate e metà di quelle in via di sviluppo, mentre il rischio di agitazione sociale è in crescita in oltre 45 paesi sui 119 esaminati e incombe soprattutto sulle economie più sviluppate. Se i trend di crescita rimarranno stabili, si dovranno aspettare cinque anni - un anno in più rispetto alle previsioni ILO 2010 - per tornare ai tassi di occupazione pre-crisi nelle economie sviluppate: in termini reali, si tratterà di creare 80 milioni di posti di lavoro soltanto nei prossimi due anni.

Mentre si discute l’ipotesi di un nuovo Patto di stabilità, l’attenzione europea si sposta sull’urgenza di misure per il rilancio dell’economia. I dati Eurostat indicano che a settembre 2011 il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10,2% nell'Eurozona (+ 0,1 % rispetto a settembre 2010) e il 9,7% nell’UE. Nella sola Eurozona, i disoccupati sono aumentati in termini reali di 188 mila unità rispetto ad agosto 2011 e di 329mila rispetto a settembre 2010. In Italia, il tasso di disoccupazione a ottobre 2011 si è mantenuto al di sotto della media europea, attestandosi all'8,5%, in aumento di 0,2 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,1 punti rispetto all’anno precedente. Il dato più allarmante riguarda il tasso di disoccupazione giovanile, che a ottobre si attesta al 29,2%, con un divario sempre più netto rispetto al tasso OCSE (16,7%).

In questo orizzonte si inquadra la complessa situazione italiana, con problemi strutturali di lungo periodo che si coniugano con un difficile momento congiunturale. La recessione in Italia è stata maggiore rispetto alla media europea sia nel Centro- Nord che nel Mezzogiorno, con una caduta dell’attività produttiva, in termini di PIL, pari a meno 6,3% nel Mezzogiorno nel solo biennio 2008-2009, lievemente meno intensa di quanto registrato nel resto del Paese (-6,6%), ma ben più elevata di quella media in Europa (-3,8%). La ripresa nel 2010 è stata più sostenuta nel Centro-Nord che nel Mezzogiorno e le stime per il 2011confermano le tendenze in atto nel 2010: indebolimento generale della ripresa, un tasso di sviluppo per tutto il Paese inferiore a quello dei partner europei ed una tendenza alla divaricazione degli andamenti tra Nord e Sud: il PIL del Centro-Nord è previsto crescere allo 0,8% a fronte dello 0,1% del Mezzogiorno.

Guardando alla performance del nostro paese nel 2010, il tasso di disoccupazione ufficiale è stato del 13,4% al Sud e del 6,4% al Centro-Nord, ma passando ad analizzare il c.d. “tasso di disoccupazione corretto”, che include le zone grigie del mercato e in particolare i disoccupati impliciti, l’indice della bilancia si sposta dal 13,4 al 25,3%. Considerando questa componente, il tasso di disoccupazione effettivo nel Centro-Nord supererebbe la soglia del 10% (ufficiale: 6,4) e al Sud raddoppierebbe, passando nel 2010 dal 13,4% al 25,3%. (dati SVIMEZ).

La via italiana per il superamento della crisi risponde a tre parole chiave: rigore finanziario, equità degli interventi e crescita, per dare prospettive alle giovani generazioni. Una via già delineata dalla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 12 luglio 2011 sul programma nazionale di riforma 2011 e sul programma di stabilità aggiornato al 2011-2014, con un impegno a promuovere la mobilità, ad incoraggiare l’inclusione, prevedendo riforme fiscali per ridurre la disoccupazione di lungo periodo e incoraggiare l’assunzione dei lavoratori in età avanzata, dei giovani e delle donne. Ad allineare l’evoluzione salariale alla crescita della produttività, promuovendo la contrattazione a livello di singole imprese per affrontare le disparità regionali del mercato del lavoro.

E’ in questa direzione che vanno le riforme strutturali avviate dal precedente Governo e inserite nella legge di stabilità 2012 (Legge 183/2011), come gli interventi attesi a partire dal 5 dicembre prossimo, quando il nuovo esecutivo affronterà i nodi della riforma del sistema previdenziale e le altre riforme strutturali indifferibili.

A partire dall’attesa riforma del sistema di welfare nell’ottica della sostenibilità, che nel breve e medio periodo sta garantendo la tutela dei lavoratori e del tessuto produttivo delle PMI attraverso gli ammortizzatori sociali in deroga, le misure di riqualificazione e la riprofessionalizzazione dei percettori di sostegno al reddito contenute nel Dl 185/2008 e gli istituti sperimentali di sostegno per determinate categorie di lavoratori previsti dal Dl 78/2010 e dalla legge 191/2009. Con la riforma della causa del contratto di apprendistato, diventato contratto di lavoro a tempo indeterminato, e con l'azzeramento previsto della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro per i primi 3 anni per i contratti di apprendistato stipulati negli anni 2012-2016, come previsto dalla L. 183/2011. Con la semplificazione procedimentale del contratto a tempo, la previsione della deduzione Irap regionale degli altri sgravi contributivi connessi con i contratti di produttività e con la contrattazione aziendale di prossimità, i contratti di inserimento per le lavoratrici e la promozione del telelavoro per i disabili e per i lavoratori in mobilità.

Stiamo riflettendo tutti sulla necessità di un rinnovato ruolo della “funzione pubblica”, a partire dal problema delle disuguaglianze vecchie e nuove. Sono stati avviati processi di ricostruzione, riforme strutturali combinate con politiche del lavoro attive e flessibili e con interventi per rendere capillari, innovativi ed efficienti i servizi per il lavoro, a partire dalla creazione  di un’infrastruttura unitaria e cooperativa come il portale Cliclavoro. Ma occorre proseguire sulla via delle riforme per incentivare un’occupazione regolare e di qualità, smuovere l’area stagnante dell’inattività, restituire una prospettiva ai giovani, offrire alle donne opportunità concrete di accesso e di permanenza nel mercato del lavoro.

Francesco Verbaro,
esperto FormezPA