Passione e franchezza. Queste le parole d’ordine del Forum nazionale aree interne che si è svolto in Val Maira, ad Acceglio, il 17 e 18 maggio scorsi. Un appuntamento che si ripete ormai da quattro anni per tirare le somme su progressi, successi, criticità e ostacoli incontrati nell’attuazione della Strategia nazionale aree interne (SNAI). Un’occasione per riunire quella che ormai tutti indicano come la “comunità SNAI” composta da sindaci, amministratori di diversi livelli di governo, tecnici ed esperti, ma anche lavoratori di vari settori o studenti interessati tutti insieme a disegnare un nuovo futuro per le aree marginali del Paese, diverso da quello di spopolamento e declino indicato dalle tendenze in corso. Una comunità che come ha ricordato in apertura dei lavori Roberto Colombero, presidente dell’Unione Montana Valle Maira referente dell’area, è un valore aggiunto da non sottovalutare perché va al di là delle appartenenze politiche in quanto il suo unico obiettivo è il benessere dei cittadini di tutte le aree fragili del Paese. Una prospettiva che sia di ripresa e sviluppo e, come ha ricordato nei saluti iniziali il ministro per la Coesione territoriale, Claudio De Vincenti che ha inviato al Forum un video messaggio, espressione di valori e di relazioni umane che unificano, malgrado le differenze geografiche, le aree interne conferendogli, come ha più volte sottolineato anche Fabrizio Barca, quella identità nazionale di cui spesso sono prive le nostre grandi aree urbane. Un tema che fa da contraltare a quello delle disuguaglianze economiche e sociali di cui sono vittime le aree interne di ogni paese e che Barca ha discusso in un dibattitto virtuale con Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Rappresentano il 17% del territorio nazionale e il 3,4% della popolazione; sono 1.077 comuni accorpati in 72 aree sulla base della loro distanza dai principali centri di erogazione di servizi che è direttamente proporzionale all’esodo dei loro abitanti. Uno dei primi e più importanti risultati della Strategia si registra proprio sul fronte dell’associazionismo, ovvero la creazione di sistemi comunali per la gestione associata di servizi e funzioni, condizione per poter partecipare alla SNAI.
Lo ha sottolineato Sabrina Lucatelli, coordinatrice nazionale della Strategia, che ha presentato alla platea luci e ombre sullo stato dell’arte della SNAI. Il requisito associativo fa parte del primo gruppo, perché è stato assolto da ben 25 aree. “Tutte le prime hanno chiuso la strategia, le seconde sono in piena elaborazione del preliminare, le terze e quarte stanno avviando i lavori e sono stati sottoscritti 11 APQ” ha continuato la Lucatelli che non ha nascosto la criticità del fattore tempo. L’esperienza dell’elaborazione dei documenti strategici delle prime aree non ha infatti accorciato i tempi per le seconde, confermando i circa 9 mesi per la redazione del preliminare e 12 per quella della strategia a cui si aggiungono le lungaggini delle “burocrazie difficili e delle istruttorie infinite”. Le fasi dell’APQ (Accordo di programma quadro) sono state spiegate da Carla Cosentino dell’Agenzia per la Coesione territoriale che partecipa alla fase attuativa. L’Accordo, ha sottolineato la Cosentino, è solo il primo passo, cui devono far seguito attività di accompagnamento sul territorio.
Il tema associazionismo è stato uno dei protagonisti della prima giornata del Forum; se ne è parlato sia in sessione plenaria che in una delle sei sessioni tematiche organizzate nella due giorni di Acceglio. Clelia Fusco, del Formez PA - ente attuatore del progetto “La Strategia nazionale aree interne e i nuovi assetti istituzionali” del Dipartimento della Funzione pubblica - ha ricordato in plenaria che la gestione associata di funzioni e servizi da parte dei comuni di un’area non deve essere vista solo come un requisito per l’ammissibilità alla SNAI, ma un mezzo per costruire una nuova governance senza la quale diventa difficile attuare gli interventi previsti in APQ. Per quanto riguarda lo stato di avanzamento, oltre le 25 aree che hanno assolto al requisito associativo, ce ne sono 5 in fase di verifica formale, 21 in fase di definizione e 20 in procinto di attivare il processo. Il lavoro svolto sul campo è stato quello di valorizzare l’esistente, portando alla luce o migliorare, la vocazione associativa dell’area. Sono state illustrate le scelte effettuate sulla base delle caratteristiche amministrative di ciascuna, che vanno dalla semplificazione del quadro associativo esistente fino alla previsione di un percorso che porterà i comuni alla fusione. Tra le funzioni più gettonate dai comuni per associarsi ci sono: catasto, protezione civile, organizzazione generale e i servizi informatici. “Come gruppo di lavoro - ha dichiarato Clelia Fusco – ci stiamo interrogando come rendere operativi gli accordi sottoscritti per arrivare alla firma degli APQ”. La scelta è quella di tornare sui territori che hanno concluso l’iter associativo per monitorare come lo viene messo in pratica sul territorio. Si inserisce in questa lavoro una recente esperienza di accompagnamento realizzata nell’area marchigiana dell’Appennino Basso Pesarese Anconetano con la realizzazione di un laboratorio interattivo rivolto alle strutture comunali, quelle che devono tradurre in pratica la strategia, nel cui ambito su sollecitazioni del team Formez, gli stessi dipendenti hanno proposto soluzioni operative.
L’argomento è stato anche trattato, su altre direttrici, nella sessione tematica condotta da Giovanni Xilo, del Formez PA “Associazionismo, l’unione (fra sindaci) fa la forza” e poi restituita in plenaria da Francesco Monaco dell’Anci. Xilo ha esordito dando ai presenti una serie di massime per l’avvio di sistemi intercomunali: adattare le soluzioni al contesto, sceglierne poche ma realizzarle concretamente; valorizzare il passato, con ciò che funziona; non sottovalutare il fabbisogno di competenza e coinvolgimento delle strutture amministrative in fase realizzativa della strategia. A confronto l’esperienza di due aree, quella Appennino piacentino-parmense e Terre Sicane, contesti diversi e situazione associativa apparentemente simile con la presenza sul territorio di tre Unioni, che hanno saputo costruire sistemi intercomunali rispondenti all’esigenze dei loro territori a partire da occasioni diverse. La testimonianze sono arrivate rispettivamente da Sergio Copelli, sindaco di Ponte dell’Olio e di Milko Cinà, primo cittadino di Bivona. Nel primo caso, quello emiliano, per far fronte all’emergenza alluvione avvenuta nel 2015 e nel secondo proprio per dare alle Unioni preesistenti quella concretezza di intenti richiesta dalla SNAI. Con la testimonianza di Elena Gamberini, direttore dell’Unione Bassa Reggiana, non ricompresa in nessuna area interna, è stata sottolineata l’importanza del mantenere la motivazione allo stare insieme dopo la costruzione dei sistemi di gestione associata, del ritmo come metodo che deve sostituire il concetto tempo senza dimenticare il coinvolgimento diretto dei dipendenti comunali e il confronto costante con i referenti regionali. Nella restituzione finale Monaco ha ribadito la necessità di superare il concetto di requisito, in quanto l’associazionismo è un obiettivo della SNAI che restituisce una maggiore autonomia ai sindaci e dà ai cittadini servizi di qualità. “Se vogliamo che l’associazionismo si trasformi in policy generale è necessario che il quadro ordinamentale cambi – ha concluso Monaco - e in questo la SNAI può dare un grande contributo”.
Le altre sessioni parallele hanno riguardato la salute, la scuola, la valorizzazione dei beni comuni, la manutenzione del territorio e i sistemi agroalimentari. I risultati dei lavori svolti sono stati riportati anche nella giornata conclusiva del Forum. Le conclusioni sono state affidate ad un dibattito condotto dal giornalista della Stampa Marco Zatterin. Fra gli altri Filippo Barbera, dell’Università di Torino, che ha dichiarato che la SNAI rappresenta la politica più innovativa presente in Italia, ma ha bisogno anche di una “seconda gamba””, quella privata. “La domanda di aree interne c’è - ha incalzato - manca il mercato. Bisogna crearlo direttamente nelle città, facendo brokeraggio”. In conclusione, Alberto Versace, dell’Agenzia per la coesione, ha affermato la necessità di accompagnare i sindaci dopo la firma dell’APQ, perché non sono in grado di reggere gli impatti economici degli adempimenti richiesti dalla Strategia. “Un accompagnamento pratico, un 118 per i sindaci, evitando però – ha continuato Versace – che ogni intervento rimanga una cosa a sé ma si trasformi in una procedura”.
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